giovedì 25 settembre 2014

PREVIDENZA SOCIALE - DECLARATORIA D'ILLEGITTIMITA' DEL LICENZIAMENTO - OBBLIGAZIONI CONTRIBUTIVE E PREVIDENZIALI - SANZIONI CIVILI - APPLICABILITA' - CONDIZIONI E PRESUPPOSTI

In caso di reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato, il datore di lavoro, qualora il licenziamento sia dichiarato nullo od inefficace, è soggetto alle sanzioni civili per omissione contributiva, mentre, in caso di risoluzione del rapporto senza giusta causa o giustificato motivo, resta applicabile l’ordinario regime della mora debendi, fermo restando che, per il periodo successivo all’ordine di reintegrazione, riprende vigore, in ogni caso, l’ordinaria disciplina dell’omissione e dell’evasione contributiva.
Cass. SSUU sentenza n. 19665 del 18/09/2014

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martedì 23 settembre 2014

Lavoro a tempo indeterminato, l'indennità sostitutiva del preavviso prescinde dalla prova del danno.

In una recente decisione la Suprema Corte ha ribadito che l'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 2118, comma 2, c.c. spetta in ogni caso di recesso dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato in cui non vi sia stato il preavviso lavorato, a prescindere dalla dimostrazione dell'effettiva sussistenza di un danno per la parte receduta.
L'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 2118, comma 2, c.c. spetta in ogni caso di recesso dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato in cui non vi sia stato il preavviso lavorato, a prescindere dalla dimostrazione dell'effettiva sussistenza di un danno per la parte receduta.
Il principio è stato espressamente enunciato dal giudice di legittimità in una recente pronuncia. Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di impugnazione di un licenziamento individuale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso incidentale di parte datoriale, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata per aver la corte distrettuale ritenuto che, al fine di ottenere l'indennità di mancato preavviso a seguito delle dimissioni del dipendente, il datore di lavoro fosse tenuto a dar concreta prova di aver subito danni.
Dall'esame della norma de qua, osserva la Cassazione, si desume che il legislatore ha inteso porre rimedio, con valutazione ex ante e liquidazione forfettaria, alle conseguenze che l'immediata cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato produce per la parte receduta, che sono per il lavoratore quella di reperire un'altra occupazione e per il datore di lavoro di sostituire il dipendente dimissionario. La formulazione tassativa della disposizione impone di ritenere che l'indennità spetta in ogni caso in cui non vi sia stato un preavviso lavorato, a prescindere dalla dimostrazione dell'effettiva sussistenza di un danno a carico della parte receduta. L'approdo ermeneutico della Corte regolatrice, precisa la sentenza in epigrafe, trova puntuale riscontro in una recente pronuncia la quale, in una diversa fattispecie, aveva ritenuto che l'art. 2118 c.c. prevede comunque l'obbligo del datore di lavoro senza eccettuare l'ipotesi in cui il lavoratore licenziato senza preavviso abbia immediatamente trovato altra occupazione lavorativa.
Cass. Civ., Sez. lavoro, 21 gennaio 2014, n. 1148 (precedente)
Cass. Civ., Sez. lavoro, 2 settembre 2014, n. 18522

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Demansionamento: il danno non patrimoniale deve essere allegato e provato.

In tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale che asseritamente ne deriva -non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale- non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo.
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio -dell'esistenza di un pregiudizio- di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Infatti, tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suddetta categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento, ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale.
Il principio, da ritenersi consolidato nella giurisprudenza di legittimità, è stato nuovamente affermato in una recente pronuncia relativa ad una controversia insorta tra un lavoratore dipendente e un'amministrazione comunale in veste di suo datore di lavoro.
Cass. Civ., Sez. lavoro, 4 settembre 2014, n. 18673

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