giovedì 22 gennaio 2015

Trasformazione contratto

Nel caso di trasformazione, in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di più contratti a termine succedutisi fra le stesse parti, per effetto dell'illegittimità dell'apposizione del termine, l'indennità risarcitoria, dovuta ai sensi dell'art. 32, comma 5, L. 4 novembre 2010, n. 183, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprendendo tutti i danni "retributivi e contributivi" causati dalla perdita del lavoro a causa dell'illegittima apposizione del termine, con riferimento agli "intervalli non lavorati" fra l'uno e l'altro rapporto a termine; al contrario, i "periodi lavorati", non solo nel primo, ma anche nei successivi contratti del periodo intermedio, una volta inseriti nell'unico rapporto a tempo indeterminato, fanno parte dell'anzianità retributiva e devono essere considerati ai fini della quantificazione degli aumenti periodici di anzianità.
Cass. Civ., Sez. VI, 12/01/2015, n. 262

Malattie Professionali

In tema di malattie ed eziologia plurifattoriali, la prova della causa di lavoro o della speciale nocività dell'ambiente di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità. Il principio, già espresso dal giudice di legittimità (Cass. Civ., n. 10818 del 2013), è stato riaffermato di recente.
Cass. Civ., Sez. Lav., 14/010/2015 n. 467

giovedì 15 gennaio 2015

Lavoro licenziamento compromissione capacità lavorativa

Deve ritenersi legittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro al prestatore di lavoro subordinato che, senza riferirgli alcunché, abbia continuato a svolgere una pratica sportiva del tutto incompatibile con le sue condizioni fisiche, creando al contempo le condizioni per il rischio di aggravamento delle condizioni medesime.
L'obbligo di fedeltà posto a carico del lavoratore subordinato, specifica la Cassazione in adesione ad altri precedenti in tema, ha un contenuto più ampio rispetto a quello risultante dall'art. 2105 c.c., dovendosi integrare con gli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono correttezza e buona fede anche nei comportamenti extralavorativi, necessariamente tali da non danneggiare il datore di lavoro. In particolare, in tema di licenziamento per violazione dell'obbligo di fedeltà, il lavoratore deve astenersi dal porre in essere non solo i comportamenti espressamente vietati dall'art. 2105 c.c., ma anche qualsiasi altra condotta che, per la natura e le possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa, ivi compresa la mera preordinazione di attività contraria agli interessi del datore di lavoro potenzialmente produttiva di danno.
Cass. Civ., Sez. LaV., 09/01/2015, n. 144

mercoledì 7 gennaio 2015

Reperibilità riposo settimanale compensazione

Il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni della contrattazione collettiva, il diritto ad un giorno di riposo compensativo.
La reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa; conseguentemente, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni della contrattazione collettiva, il diritto ad un giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre origine dall'art. 36 Cost., ma la cui mancata concessione è idonea ad integrare un'ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico-fisica) da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, che è risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava però l'onere della specifica deduzione e della prova. 
Cass. Civ., Sez. Lav., 18/12/2014, n. 26723

Licenziamento disciplinare contestazione dell'addebito

La previa contestazione dell'addebito, necessaria in tutte le sanzioni disciplinari, ha lo scopo di consentire al lavoratore l'immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c.
Il principio in questione si inserisce nell'orientamento ormai consolidato della Suprema Corte,  secondo il quale il requisito della specificità della contestazione costituisce oggetto di un'indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal giudice del merito.
Cass. Civ., Sez. Lav., 18/12/2014, n. 26744