lunedì 30 novembre 2015

Il premio fedeltà deve essere computato nel T.F.R.

La Cassazione ha stabilito che il premio di fedeltà, acclarato come derivi eziologicamente dal rapporto di lavoro, laddove non vi sia una esplicita esclusione deve essere  calcolato nella base di computo del trattamento di fine rapporto.
I Giudici di legittimità hanno, infatti, osservato che  il premio fedeltà è computabile nella base di calcolo ai fini della determinazione del trattamento medesimo, trovando la propria fonte di riferimento sostanziale nella protrazione dell'attività lavorativa per un certo tempo ed essendo lo stesso rigorosamente collegato allo svolgimento del rapporto di lavoro, anche se non alla effettiva prestazione lavorativa.
Inoltre, proseguono gli ermellini, pur essendo la contrattazione collettiva abilitata, ai sensi dell'art. 2120, comma 2, c.c. a definire liberamente la retribuzione utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, escludendovi o includendovi qualsiasi voce, spettando all'autonomia delle parti determinare il peso che questa forma di retribuzione differita deve assumere nell'economia del rapporto, tuttavia, quando la contrattazione collettiva non disponga altrimenti si applica, pur con riferimento alle singole voci -in danaro o in natura- erogate a titolo occasionale, la regola della onnicomprensività della retribuzione. Ed analogamente, conclude la Corte, deve ritenersi quando la contrattazione collettiva non sia chiaramente ed univocamente espressiva della volontà delle parti contraenti a livello nazionale di escludere una determinata tipologia di emolumento dal computo del T.F.R..
Cass. Civ., Sez. Lav., 20/11/2015 n. 23799

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