martedì 7 ottobre 2014

Presupposti per la configurabilità del mobbing

La Corte di Cassazione torna nuovamente sul tema del mobbing lavorativo, delineando i presupposti affinché questo si possa configurare. A tal fine è necessario che siano stati messi in essere nei confronti del lavoratore comportamenti di carattere persecutorio protratti nel tempo, che ci sia un evento lesivo, che questo sia stato causato dalle vessazione continue e che sia presente l'elemento soggettivo.
Il mobbing è, dunque, una figura complessa che designa un fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo. In particolare, ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere molteplici elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio -illeciti o anche leciti se considerati singolarmente- che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte ed il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi. 
Cass. Civ., Sez. lavoro, 25 settembre 2014, n. 20230

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