mercoledì 1 ottobre 2014

Malattia del lavoratore: quando l'attività svolta può dirsi compatibile con lo stato morboso?

L'espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell'adempimento dell'obbligazione ed a giustificare il recesso del datore di lavoro, laddove si riscontri che l'attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione.
Il lavoratore assente per malattia, il quale quindi legittimamente non effettua la prestazione lavorativa, non per questo deve astenersi da ogni altra attività, quale in ipotesi una attività ludica o di intrattenimento, ma quest'ultima non solo deve essere compatibile con la stato di malattia, ma deve altresì essere conforme all'obbligo di correttezza e buona fede, gravante sul lavoratore, di adottare ogni cautela idonea perché cessi lo stato di malattia con conseguente recupero della idoneità al lavoro.
In particolare, l'espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell'adempimento dell'obbligazione ed a giustificare il recesso del datore di lavoro laddove si riscontri che l'attività espletata costituisca indice di scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione.
Tali principi, già enunciati in precedenti pronunce, sono stati ribaditi dal giudice di legittimità in una recente sentenza.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata con la quale la corte del merito aveva confermato l'illegittimità del licenziamento per giusta causa irrogato ai danni di un lavoratore ritenuto dal datore di lavoro responsabile di aver svolto attività incompatibili con il denunciato stato di malattia impeditivo della prestazione lavorativa.
A giudizio della Corte, infatti, l'impugnata sentenza risulta affetta dal vizio di motivazione denunziato dal ricorrente datore di lavoro, avendo la stessa omesso di approfondire il profilo del rispetto da parte del lavoratore in malattia dell'obbligo di cautela volto a favorire la propria guarigione.
Cass. Civ., Sez. lavoro, 5 agosto 2014, n. 17625

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