In tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio -dell'esistenza di un pregiudizio- di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Infatti, tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suddetta categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento, ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale.
Il principio, da ritenersi consolidato nella giurisprudenza di legittimità, è stato nuovamente affermato in una recente pronuncia relativa ad una controversia insorta tra un lavoratore dipendente e un'amministrazione comunale in veste di suo datore di lavoro.
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